Ritornare a Venezia

Death in Venice 1971, directed by Luchino Visconti | Film review

Il dvd del film era dietro un libro di Truffaut. Non che avessi dimenticato di averlo, ma quando certe cose riafforiano così all’improvviso, allora occorre capire il perchè, il dove, e tanto altro. Il mio amico (e visionario) Gianni è un grande estimatore del film e da poco mi aveva detto di averlo rivisto.

Conseguenza logica è stata l’immpellente necessità di rivederlo. Al termine della visione, gli ho inviato un “nuovo” commento sul film che condivido qui con qui avesse voglia, come me, di ritornare a Venezia.

Ho rivisto “Morte a Venezia” dopo tanto tempo. Mi sono distaccato dalla sceneggiatura e quindi dal romanzo e mi sono dedicato a carpire la regia di Visconti.
La sequenza iniziale del film viene “cullata” dall’Adagietto di Mahler e senza perdere tempo “veste” la visione e le da un imprinting indelebile. E non solo la musica.
Subito molte anticipazioni (le famose esche cinematografiche) …. i ragazzi che scompigliano l’atmosfera all’arrivo del traghetto, l’uomo grossolanamente truccato che va incontro al protagonista…maschera di perversa allusione e soprattutto maschera di fatale decadenza, e quindi, morte.
Dopo pochi minuti tutto implode e ormai non importa più se chi vede il film abbia o meno letto il romanzo o ne sappia la narrazione,
E’ Visconti ora che si sottrae al tutto ricreando il tutto. Il “sudore” delle immagini diventa dialogo e la struttura visiva si appoggia alla recitazione di Bogarde e alla “sospesa” bellezza di Tazdio.
Visconti copre ogni cosa in un’atmosfera decadente non per il tema trattato ma nell’impercettibile tono dei colori, i gesti sottratti nelle formalità dell’epoca, il “finto” ritmo del montaggio dove la lotta tra frenesia vitale e attesa della morte sono appese ad un filo sottile fatto di stati d’animo visivi.
Alla fine della visione, il film, e quindi la storia, “sembra” non aver raccontato nulla e, per assurdo, è proprio così non nel negare quello che si vede ma nel trovare quello che non si vede. La regia sembra scomparire proprio nel momento in cui si sublima.
In fondo è quello che accade alla morte, che sa di essere inutile senza la vita.

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